La pianista tedesca racconta come è nato il suo ultimo album: Like Water, uscito a giugno 2025 per la Warner Music Italia, e come ha conosciuto Russ Titelman, produttore discografico e cantautore americano

Il titolo dell’album è legato ad una tua canzone originale. Come si riflette questa ispirazione nel resto del progetto?

Acqua è sinonimo di fluidità e trasparenza e quindi mi è sembrato il titolo perfetto per descrivere l’obiettivo di questo album: mostrare con grande trasparenza chi sono, solo pianoforte e voce, senza sovra-incisioni, e muovermi liberamente tra tutte le sfumature che mi appartengono.

Hai registrato il disco a New York, da sola, in piano e voce, senza sovra-incisioni. Com’è stata questa esperienza in presa diretta?

E’ una condizione molto autentica e, in realtà, per me è una situazione abbastanza normale visto che spesso mi esibisco in solo nei concerti. In studio, dove la situazione acustica è perfetta e non sono distratta da eventi che si verificano sul palco, sto benissimo. E’ come un bellissimo live in condizione “protetta”, che mi permette quindi di concentrarmi completamente sul suono e sulle mie idee.

Com’è nato il fortunato incontro con Russ Titelman? Qual è stato il suo contributo artistico più importante?

Ha scoperto la mia musica grazie a un algoritmo su YouTube. Ha seguito un suggerimento che lo ha portato a un video in cui canto un brano originale. È rimasto sorpreso ed entusiasta e ha voluto saperne di più. Poi mi ha contattato su Facebook e mi ha proposto di parlare di una collaborazione. Sembrava una favola, ma è diventata rapidamente una nuova, meravigliosa realtà. Il suo più grande contributo, tra i tanti, è stato quello di avermi assistito nel processo di selezione dei brani da registrare per l’album. Mi stavo perdendo nelle molteplici possibilità del mio repertorio solista e non avevo chiaro quale direzione dovessi prendere. Russ aveva una visione più chiara dall’esterno, portando con sé tutta la sua esperienza, ed è stato in grado di individuare i brani che mi avrebbero permesso di far risaltare al meglio l’unicità del mio progetto solista. Mi ha anche suggerito diverse nuove canzoni per il mio repertorio, di cui ho finito per registrarne due: “I’m Old Fashioned” e “Somewhere”.

Quali criteri hai seguito nella scelta delle cover e delle tue composizioni originali?

La scelta degli standard è avvenuta spontaneamente, con l’obbiettivo che l’album avesse un buon mix di atmosfere, ritmi e colori, ma che trasmettesse comunque la sensazione di una storia coerente. Riguardo ai brani originali: ne ho selezionati due che ritenevo più importanti e pertinenti per me in questo momento: “Like Water” e “Strange day”. Poi abbiamo scelto “Watching the moon” perché rappresenta  molto bene la commistione tra i generi e infine, poiché volevamo includere anche una canzone tedesca, “Wie die Zeit vergeht”. Russ ha scoperto questa mia vecchia canzone e ne è rimasto profondamente colpito, pur non capendo il testo tedesco.

Il disco attraversa jazz, musica classica e pop: come riesci a mantenere un equilibrio così armonioso tra questi mondi?

Sono cresciuta avvolta dalla musica, imparando il pianoforte classico a orecchio e allo stesso tempo essendo esposta all’ascolto di generi musicali diversi: musica classica per pianoforte, musica orchestrale, pop, jazz. Fu immediato e naturale per me pensare che tutti questi generi utilizzassero lo stesso materiale e cioè la melodia, l’armonia e il ritmo, e quindi che avessero molti punti in comune. Uso semplicemente il mio intuito, il mio gusto e il mio orecchio per costruire ponti tra brani musicali di diversa provenienza. Cerco di fare in modo che i nuovi percorsi siano sorprendenti ma anche facili da seguire durante l’ascolto. Non esiste una ricetta, solo tanto ascolto e imparare facendo.

Nei tuoi arrangiamenti si trovano riferimenti a Bach, Beethoven, ma anche a Stevie Wonder. Quali sono le tue principali influenze musicali?

Le mie influenze spaziano dalla musica classica per pianoforte e orchestra (Bach, Mozart, Debussy, Ravel, Bernstein…) al pop (The Beatles, Stevie Wonder, Sting…), all’RnB (Roberta Flack, Donny Hathaway, Bill Withers…) e ai cantautori (Randy Newman, Laura Nyro, Rickie Lee Jones…) fino a molte influenze jazz (Chick Corea, Bill Evans, Nina Simone, Shirley Horn, Miles Davis, Kenny Garret…), troppe per essere elencate tutte.

Hai definito l’album come una “dichiarazione d’amore per la dimensione transitoria della vita”. Cosa intendi con questa frase?

Tutto nella vita è transitorio e il fatto che nulla sia eterno, e dunque non possiamo dare nulla per scontato, alla fine trasforma tutto in un dono prezioso. La musica è un ottimo strumento per esprimerlo, perché si sviluppa solo grazie al passare del tempo. Nel mio album, cerco di evidenziare la bellezza delle transizioni e della fluidità, sia musicalmente che attraverso i testi. Ci sono diverse canzoni che parlano di transizioni: dello scorrere del tempo (“Wie die Zeit vergeht”), dello scorrere della vita (“Strange day”), di un periodo difficile (“Tu, io e domani”) o del desiderio di pace (“Somewhere”).

Hai iniziato giovanissima e sei passata con naturalezza dalla musica classica all’improvvisazione jazz. In che modo questi percorsi si arricchiscono a vicenda nel tuo lavoro attuale?

Sono sempre stata curiosa di esprimermi attraverso lo strumento. Ho sempre percepito che il pianoforte avesse un linguaggio suo, che avrei potuto scoprire da sola e usarlo per creare nuove storie degne di essere raccontate, sia composte in precedenza che frutto d’improvvisazione. Esplorare continuamente entrambi gli elementi – la musica classica e l’improvvisazione – sembra essere la radice di molte delle cose che faccio oggi. Sono contenta di essere riuscita a mantenerli entrambi nel mio lavoro per così tanto tempo, mi permette di sentirmi davvero a casa in entrambi i mondi.

Quanto ha inciso la tua esperienza alla Manhattan School of Music nella tua evoluzione musicale?

Studiare alla Manhattan School of Music è stato davvero illuminante. C’erano molti giovani di grande talento intorno a me e anche a New York in generale, quindi mi sentivo motivata a dare il meglio di me e a esprimermi completamente. In effetti, è stato solo quando sono arrivata a New York che mi sono sentita ispirata a prendere in considerazione di cantare seriamente, oltre a suonare.

Il tuo tour è partito dal Sandrigo Jazz Festival: cosa porti sul palco e cosa speri di trasmettere a chi ti ascolta dal vivo?

Un concerto di pianoforte e voce è molto intimo, ma anche orchestrale allo stesso tempo, quindi spero di offrire agli ascoltatori un’esperienza che li sorprenda e li tocchi, magari andando oltre ciò che immaginavano fosse un concerto solista. Vorrei poterli condurre là dove solo il suono e le emozioni contano. Senza interferenze, senza distrazioni.

C’è una canzone dell’album che senti particolarmente legata al tuo momento presente?

Forse “Swing low”, una canzone che mi dà molta pace in questi tempi difficili. Sono ancora sorpreso dalla naturalezza con cui Beethoven e il vecchio spiritual si fondono, sembra quasi che fossero destinati a stare insieme. Tutto questo è nato da un’idea spontanea,  e devo dire che il risultato mostra quanto sia stato grande il dono di quella ispirazione. 

Hai parlato di “Like Water” come di un nuovo inizio. Cosa immagini per la tua musica nei prossimi anni?

Ho diverse nuove canzoni originali che mi sembrano potenti. Visto che Russ Titelman è motivato a continuare la nostra collaborazione, non vedo l’ora di registrarle e condividerle il prima possibile.

Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro, se potessi sognare liberamente?

Ad esempio, sarebbe fantastico lavorare con Randy Newman, che ammiro molto anche per i suoi arrangiamenti magistrali, oppure ascoltare la mia musica reinterpretata da Maria Schneider.